IL CAMMINO
DA BOBBIO A LEVANTO
CENNI STORICI E CURIOSITA' LUNGO IL CAMMINO
BOBBIO
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Bobbio è un borgo medievale ma abitato fin dal Neolitico con insediamenti celtico-liguri, poi divenuto un'antica Diocesi che, fino a qualche decennio fa, era sede vescovile autonoma. Nel 1989 la Congregazione per i Vescovi, con il decreto "Pastoralis collocatio", staccò il territorio della Diocesi di Bobbio da Genova a cui era stata annessa nel 1986, e la unì alla Diocesi di Piacenza.
In queste terre operò San Colombano, un monaco irlandese che giunse nel Nord Italia, per portare ai popoli residenti l'annuncio del Vangelo di Cristo. Egli arrivò a Bobbio nel 614 e fece restaurare la Chiesa di San Pietro ivi fondando un centro di vita monastica sul modello dei monasteri irlandesi. San Colombano morì a Bobbio nel 615 Il Ponte Vecchio di Bobbio, lungo 273 metri, è stato denominato Ponte Gobbo per il particolare profilo irregolare con 11 archi diseguali tra loro e posti a diverse altezze. L'epoca di costruzione del Ponte Vecchio, detto Gobbo per l'irregolarità e la gibbosità dei suoi archi, non è databile, ma è di età romana e si può ipotizzare che sorse dopo la conquista romana dell'allora borgo ligure-celtico; subì numerosi rifacimenti nelle epoche successive. |
Molte sono le leggende sorte intorno al Ponte Vecchio, chiamato anche Ponte del Diavolo: una di queste narra che San Colombano volesse unire le due sponde del fiume Trebbia. Il Diavolo si offrì di aiutarlo costruendo un ponte in una sola notte, a patto di avere in cambio l'anima del primo che lo avesse attraversato. San Colombano accettò e il demonio costruì il ponte con l'aiuto di un gruppo diavoli di altezza e corporatura diversa, ognuno dei quali eresse la sua parte in modo personale e difforme dagli altri ottenendo la caratteristica gibbosità ed irregolarità del ponte.
Al mattino il santo monaco tenne fede alla parola data, ma giustificandosi con l'osservazione che il ponte non era stato costruito secondo le regole ingannò il demonio facendovi passare per primo un cane (un'antica tradizione vuole che il primo animale a passare su quegli archi sia stato l'amico orso).
Dal 2006 Bobbio è stata insignita della Bandiera arancione dal Touring Club Italiano, come centro alto-medioevale di interesse turistico-ambientale, che si distingue per un'offerta di eccellenza e accoglienza di qualità; dal 2008 fa inoltre parte del club “I borghi più belli d'Italia”.
Al mattino il santo monaco tenne fede alla parola data, ma giustificandosi con l'osservazione che il ponte non era stato costruito secondo le regole ingannò il demonio facendovi passare per primo un cane (un'antica tradizione vuole che il primo animale a passare su quegli archi sia stato l'amico orso).
Dal 2006 Bobbio è stata insignita della Bandiera arancione dal Touring Club Italiano, come centro alto-medioevale di interesse turistico-ambientale, che si distingue per un'offerta di eccellenza e accoglienza di qualità; dal 2008 fa inoltre parte del club “I borghi più belli d'Italia”.
Il toponimo Coli deriva probabilmente da una popolazione ligure che si insediò nella zona nel I Secolo d.C., mentre, secondo un'altra ipotesi, il toponimo potrebbe derivare dal latino Caulae che significava cavità, ma anche rifugio per gli ovini, come testimoniato dalla presenza, all'interno del Codice Diplomatico Bobbiese, delle espressioni Caulo pecorariciae, pratum in Caulo, plebs de Caulo, in Caulo pecoraritiae, plebs de Caula e plebatus de Colli, fino ad arrivare all'espressione ecclesie de Collo et Porcile risalente al XIV Secolo e contenuta all'interno del registro episcopale bobbiese.
Successivamente, la zona fu abitata anche in età romana; Coli potrebbe essere identificabile con il vicus Colianum Ambitrebio, citato all'interno della tabula alimentaria traianea, come dipendente dal pagus Bagienno, identificato da alcuni con Bobbio, a sua volta afferente al municipium di Veleia. Nel X secolo la chiesa di Coli, dedicata a San Vito, venne elevata a plebana. In epoca feudale il territorio colese fu sottomesso alla famiglia Grassi, esponente della fazione ghibellina, che durante il XIII secolo fece costruire il castello dei Magrini, andandovi a risiedere e mantenendolo fino al 1441 quando il forte passò sotto il controllo della famiglia Nicelli. A partire dal XVI secolo il territorio colese entrò a far parte del Ducato di Parma e Piacenza. |
COLI
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FARANETO
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L’origine longobarda del borgo di Faraneto è indicata dal toponimo che fa riferimento al termine Fara, nucleo di comando di un arimanno. Nel XIII Secolo fu costruito un castello per volere del ghibellino Montanaro I Grassi: nel XVI Secolo Antonio Francesco Grassi lo trasformò in residenza signorile adornandolo con decori architettonici in pietra arenaria. Nel XVII Secolo fu aggiunto l’oratorio impreziosito da affreschi e stucchi barocchi. Attualmente il castello di Faraneto è di proprietà privata.
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Il paese di Marsaglia, frazione nel Comune di Corte Brugnatella, è situato in alta Val Trebbia nella catena dell'Appennino Ligure (di cui fa parte l'Appennino piacentino), nei pressi della confluenza tra il fiume Trebbia ed il torrente Aveto.
Le zone vicine a Corte Brugnatella erano già abitate in età neolitica (5.000-2.300 a.C.) e nell'età del bronzo (2.300-1.100 a.C.), ma è all'inizio dell'età del ferro (1.100 a.C.) che inizia l'insediamento nel territorio del popolo dei Liguri, che vi rimarrà indisturbato per parecchi secoli. La tribù che si stanziò era quella dei Bagienni, proveniente dall'odierno basso Piemonte. Attorno al 220 a.C., come in altre zone giunsero i Galli della tribù dei Boi, ma ben presto assieme i liguri vennero assoggettati dai Romani che avevano fondato nel 218 a.C. la città di Piacenza. |
MARSAGLIA
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SANTO STEFANO D'AVETO
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Nel Comune di Santo Stefano d'Aveto (GE), troviamo la Chiesa Parrocchiale dedicata a Santo Stefano - Santuario della Madonna di Guadalupe. Appartiene territorialmente alla Diocesi di Piacenza - Bobbio. Presenta una facciata neogotica a vela, a salienti, tripartita e rinserrata agli angoli da lesene coronate da pinnacoli. L'attuale edificio risale al 1928, anno in cui venne costruito al posto della precedente chiesa settecentesca. Al suo interno possiamo ammirare una preziosa tela, donata dal card. Giuseppe Maria Doria Pamphilj (Segretario di Stato di Sua Santità Papa Pio VII), raffigurante la Beata Vergine Maria. Una leggenda narra che tale tela fosse presente sulle navi di Andrea Doria, antenato del card. Doria Pamphilj, al momento della celeberrima Battaglia di Lepanto (1571). Al centro del paese troviamo il Castello Malaspina-Doria, un edificio storico sito in piazza del Popolo. La sua struttura è considerata una delle più interessanti opere difensive della provincia genovese e della Liguria. Il castello è collocato al centro dell'ampia conca alle pendici del monte Maggiorasca, visibile sullo sfondo del castello. La sua posizione fu scelta poiché ritenuta strategica, difatti da tale postazione si potevano controllare le strade che salivano dai valichi appenninici verso la regione dell'Emilia. Secondo alcune fonti storiche la fortezza risalirebbe ancor prima del XII secolo e viene citato per la prima volta in un atto di cessione del 1164; in tale documento storico l'imperatore Federico Barbarossa decise la cessione del feudo di Santo Stefano e del relativo castello alla famiglia nobiliare dei Malaspina, già signori della Lunigiana e di altri feudi del levante ligure.
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Il Santuario di Velva si trova nel Comune di Castiglione Chiavarese (GE); l'edificio sacro è stato fortunatamente voluto dalla popolazione locale e i lavori per la sua costruzione iniziarono nel XIX secolo grazie al contributo dell'architetto Maurizio Dufour. All'interno della Chiesa è custodito un prezioso crocifisso ligneo realizzato dallo scultore Antonio Canepa che, pure, realizzò il gruppo ligneo della Madonna della Guardia, presente anch'esso nel Santuario.
Ad impreziosire l'abside troviamo un bellissimo murales realizzato dal pittore Robert Altmann ed inaugurato in occasione della Festa della Madonna della Guardia (29 agosto 2021). |
IL SANTUARIO
DI VELVA |
LEVANTO
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Levanto è una stupenda cittadina dello Spezzino dalle antiche origini; infatti esisteva un borgo, in epoca romana, chiamato Ceula. Si trattava di un borgo importante per la sua collocazione strategica in un punto dove l'antica via ligure toccava la costa. Successivamente, il borgo incominciò a venir meno a favore di Levanto che divenne, dapprima, feudo della famiglia Malaspina per, poi, passare ai Da Passano fino a diventare, nel 1229, territorio appartenente alla Repubblica di Genova.
A Levanto, potete visitare la Chiesa di Sant'Andrea, un edificio sacro molto antico la cui costruzione iniziò nel 1222 per poi essere ampliata intorno alla metà del '400. Presenta una bellissima facciata che il visitatore può ammirare in tutto il suo splendore caratteristico: fasce alterne di marmo bianco di Carrara e serpentino verde locale, portale ad arco acuto la cui lunetta riporta un affresco raffigurante la Madonna con Gesù Bambino in trono tra Sant'Andrea e San Giovanni Evangelista: un affresco di scuola piemontese risalente al XV Secolo. |
Bardi è situato a 625 metri s.l.m. nell'alta valle del Ceno, in corrispondenza della confluenza tra il torrente Ceno ed il torrente Noveglia.
«Bardi», secondo la leggenda, deriverebbe da Bardus o Barrio, l'ultimo degli elefanti al seguito dell'esercito di Annibale che sarebbe morto qui durante la marcia verso Roma. In suo ricordo, Annibale avrebbe quindi deciso di fondare una colonia. Secondo la storia invece il toponimo «Bardi» deriverebbe dall'appellativo che contraddistingueva la nobiltà longobarda - i cosiddetti Arimanni - un gruppo dei quali si stabilì qui attorno al 600 d.C. Il territorio fu abitato sin dal Paleolitico, ne sono prova i ritrovamenti archeologici sul Monte Lama e in seguito dai Liguri; in età romana faceva parte del municipium di Veleia, ed era attraversato dall'asse viario che portava a Luni e a Roma. Il monastero di Bobbio, come risulta dai vari diplomi imperiali e dalla Carta di Wala possedeva la corte di Boccolo, che si estendeva in tutto il territorio di Bardi e oltre. |
BARDI
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Lungo la via sorse anche il monastero di San Michele di Gravago. Citate nella corte anche le celle monastiche di Acquanera (oggi Santa Giustina), Credarola e Granelli, Gazzo e Cogno di Gazzo, Gravago ed il monastero di San Michele, Grezzo (Grecio) e Cogno di Grezzo, Osacca e il valico di S. Donna, Passo Linguadà, Passo del Pellizzone, Pieve di Casanova, Faggio (Fao) e Pione, Tanugola.
L'abitato è dominato dall'imponente castello costruito in posizione sopraelevata su uno sperone di diaspro rosso. La prima testimonianza scritta della presenza di un castello è data da una pergamena datata 869. Nell'agosto 898 un bardigiano, Andrea figlio di Dagiverto vende al Vescovo di Piacenza Everardo metà della "Rocha" di Bardi. Nel gennaio del 1000 il Vescovo di Piacenza Sigifredo si trasferisce a Bardi, essendo il feudo diventato patrimonio ereditario dei Vescovi di Piacenza. Nella prima metà del XIII secolo il vescovo cedette il castello e le terre circostanti ad un gruppo di nobili locali conosciuti come "Conti di Bardi". Nel 1251 in seguito ad una ribellione i Pallavicino, signori di Piacenza, espugnarono e distrussero il castello.
L'abitato è dominato dall'imponente castello costruito in posizione sopraelevata su uno sperone di diaspro rosso. La prima testimonianza scritta della presenza di un castello è data da una pergamena datata 869. Nell'agosto 898 un bardigiano, Andrea figlio di Dagiverto vende al Vescovo di Piacenza Everardo metà della "Rocha" di Bardi. Nel gennaio del 1000 il Vescovo di Piacenza Sigifredo si trasferisce a Bardi, essendo il feudo diventato patrimonio ereditario dei Vescovi di Piacenza. Nella prima metà del XIII secolo il vescovo cedette il castello e le terre circostanti ad un gruppo di nobili locali conosciuti come "Conti di Bardi". Nel 1251 in seguito ad una ribellione i Pallavicino, signori di Piacenza, espugnarono e distrussero il castello.