LA VIA DEL SALE
DA VARZI A PORTOFINO
CENNI STORICI E CURIOSITA' LUNGO IL CAMMINO
VARZI
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Varzi è un comune della provincia di Pavia situato a 416 m. slm, alla destra del torrente Staffora. Testimonianze di presenze umane risalenti all’età neolitica (1800 a.C.) sono state rinvenute sulle sponde dello Staffora, mentre sul vicino monte Vallassa si possono attestare insediamenti attribuibili non solo all’età della Pietra, ma alle successive età del Bronzo e del Ferro (vedi Guardamonte). Nuclei più organizzati si devono però ai Celti e agli antichi Liguri, che, dapprima ostili, abbandonarono in seguito le postazioni difensive sulle alture e alleatisi si stabilirono nel fondovalle. Fu allora che sorse Varzi.
Qualche secolo dopo le mire espansionistiche dei Romani sfidarono i Liguri della riviera e, in seguito, dell’entroterra. Alleatisi con Annibale, i Liguri riuscirono inizialmente a sconfiggere i conquistatori nella battaglia del Trebbia (218 a.C.), ma in seguito l’avanzata romana calò inesorabile sui contrafforti montani ed i villaggi del fondovalle, Varzi compreso, dando vita a quel processo di romanizzazione della Pianura Padana e dell’Oltrepò caratterizzata dalla fondazione di importanti colonie militari e dall’attuazione di strade di collegamento, opere civili e militari. Successivamente però, con le invasioni barbariche dei Visigoti, degli Ostrogoti, degli Unni, ed infine dei Longobardi, le istituzioni romane caddero definitivamente. Prima dell’anno Mille, il paese era possesso dell’Abbazia di san Colombano di Bobbio. |
Come il resto della vallata, cadde sotto il potere dei Malaspina che nel 1164 ottennero il feudo della zona che va dalla collina di Rivanazzano sino ad Oramala direttamente dall’imperatore Federico Barbarossa. Per il territorio fu un periodo florido, che vide la nascita di fortificazioni e castelli giunti ai giorni nostri: non solo quello di Varzi, ma nei pressi quelli di Pietragavina ed Oramala.
Seguendo però il vecchio diritto longobardo, che prevedeva la successione ereditaria tra tutti i discendenti maschi, i Malaspina nel tempo si suddivisero in molteplici linee, spartendosi piccole frazioni o quote del capoluogo, con conseguenti rapporti difficili che portarono alla fine del marchesato e all’insediamento delle casate dei Visconti e poi degli Sforza, per passare ai Savoia nel 1743.
Il borgo di Varzi mantenne nei secoli particolare importanza per gli scambi commerciali legati principalmente al trasporto del sale (vedi Introduzione).
Di particolare importanza il già citato castello Malaspina, il cui nucleo antico risale alla seconda metà del XIII secolo. Dello stesso complesso architettonico fa parte anche la Torre Malaspina, sempre del XIII secolo, le cui quattro stanze in passato fungevano da prigione. E’ nota anche con l’appellativo di Torre delle Streghe, poiché si narra che al suo interno nel 1460 furono rinchiusi 25 donne ed alcuni uomini accusati di stregoneria, messi poi al rogo nella vicina piazza.
Affascinante tutto il centro storico, le torri di Porta Sottana e di Porta Soprana e la chiesa dei Cappuccini, iniziata alla fine del XII secolo.
Prodotto principe della zona è il famoso salame di Varzi DOP, la cui origine antichissima lo fa derivare addirittura dai Longobardi, eccezionale e di prima qualità la pasticceria con i famosi biscotti casarecci e le torte di mandorle.
Seguendo però il vecchio diritto longobardo, che prevedeva la successione ereditaria tra tutti i discendenti maschi, i Malaspina nel tempo si suddivisero in molteplici linee, spartendosi piccole frazioni o quote del capoluogo, con conseguenti rapporti difficili che portarono alla fine del marchesato e all’insediamento delle casate dei Visconti e poi degli Sforza, per passare ai Savoia nel 1743.
Il borgo di Varzi mantenne nei secoli particolare importanza per gli scambi commerciali legati principalmente al trasporto del sale (vedi Introduzione).
Di particolare importanza il già citato castello Malaspina, il cui nucleo antico risale alla seconda metà del XIII secolo. Dello stesso complesso architettonico fa parte anche la Torre Malaspina, sempre del XIII secolo, le cui quattro stanze in passato fungevano da prigione. E’ nota anche con l’appellativo di Torre delle Streghe, poiché si narra che al suo interno nel 1460 furono rinchiusi 25 donne ed alcuni uomini accusati di stregoneria, messi poi al rogo nella vicina piazza.
Affascinante tutto il centro storico, le torri di Porta Sottana e di Porta Soprana e la chiesa dei Cappuccini, iniziata alla fine del XII secolo.
Prodotto principe della zona è il famoso salame di Varzi DOP, la cui origine antichissima lo fa derivare addirittura dai Longobardi, eccezionale e di prima qualità la pasticceria con i famosi biscotti casarecci e le torte di mandorle.
Il Monte Bagnolo è un luogo particolarmente suggestivo in quanto ci ricorda un episodio avvenuto oltre 90 anni fa quando don Pietro Castellano, allora parroco di Negruzzo, piccolo paesino che si scorge nel fondo della valle Staffora, a soli 36 anni, morì assiderato nell’inutile tentativo di raggiungere la sua parrocchia provenendo da Stazzano. Un viaggio a piedi tra queste montagne, al giorno d’oggi difficile da immaginare, considerando la stagione inoltrata, la mancanza di attrezzatura, il buio, il gelo ed infine la tormenta.
Anche se conosceva bene il percorso poiché lo aveva già fatto numerose volte, questa gli fu fatale. Passarono giorni prima che il suo corpo riaffiorasse da sotto la neve e fu proprio in questo luogo che lo ritrovarono; per ricordarlo è stata posta una targa ai piedi di una piccola edicola dedicata a S. Anna. Nelle vicinanze di questo luogo, venne costruito nel 1928 dai fratelli Francesco, Mario e Paolo Toso e dal pavese Giuseppe Magrassi un Albergo Ristorante chiamato “Ristoro Belvedere” per ospitare i primi turisti che scoprivano il nostro Appennino provenienti dalle città limitrofe. Ma nell’anno 1943, dopo aver accolto alcuni prigionieri di guerra, l’albergo venne completamente distrutto dalle truppe nazi-fasciste. |
MONTE BAGNOLO
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MONTE ANTOLA
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Il Monte Antola (m 1597 slm) è il cuore e la cima più elevata del Parco Naturale Regionale dell'Antola, costituito dai territori montani di dodici comuni delle alte Valli Scrivia e Trebbia, rappresenta una tra le zone più varie e ricche dal punto di vista naturalistico dell'entroterra genovese e dell'Appennino ligure.
Il territorio collinare-montano del Parco si sviluppa lungo un crinale che segue il confine della Liguria con il Piemonte a nord e, nell'estremo tratto orientale, con l'Emilia Romagna. Comprende due vallate - Alta Valle Scrivia e Alta Val Trebbia - che presentano aspetti geo-morfologici molto differenti, passando da formazioni rocciose come il conglomerato di Savignone ai pendii più dolci del calcare marnoso dell'Antola. Vero crocevia di sentieri, il monte Antola è una meta frequentatissima dagli escursionisti in ogni stagione per la bellezza del panorama che spazia dalle Alpi al mar Ligure (ed in giornate particolarmente limpide sino alla Corsica) e la ricchezza di fioriture di genziane, narcisi, anemoni e molte altre varietà, tanto che il monte pare prenda nome dal termine “anthos” che in greco significa fiore. A testimonianza della frequentazione del luogo, già nel 1895 vi venne costruito un primo rifugio con il contributo del Club Alpino Italiano, il rifugio Musante; sempre dal CAI, fu realizzato nel 1927 un secondo rifugio, il Bensa, danneggiato seriamente durante l’ultimo conflitto mondiale. |
Nel 2007 venne inaugurato il nuovo rifugio più a valle rispetto ai precedenti, su iniziativa del Parco Regionale dell’Antola.
Per la sua posizione dominante sulla val Trebbia, la valle Scrivia e l’alta val Borbera, il monte è stato un fulcro fondamentale nella lotta partigiana.
Uno dei tratti più belli dell’intero percorso della Via del Mare è il crinale che dalle Capanne di Carrega, passando nei pressi della Casa del Romano e dell’Osservatorio Astronomico, raggiunge il Passo delle Tre Croci, così chiamato per la presenza di tre croci in legno poste a ricordo di tre viandanti sorpresi e uccisi in quel luogo da una tempesta di neve, e quindi raggiunge i prati sommitali dell’Antola, sovrastati dall’imponente croce posta sulla vetta nel 1907.
Per la sua posizione dominante sulla val Trebbia, la valle Scrivia e l’alta val Borbera, il monte è stato un fulcro fondamentale nella lotta partigiana.
Uno dei tratti più belli dell’intero percorso della Via del Mare è il crinale che dalle Capanne di Carrega, passando nei pressi della Casa del Romano e dell’Osservatorio Astronomico, raggiunge il Passo delle Tre Croci, così chiamato per la presenza di tre croci in legno poste a ricordo di tre viandanti sorpresi e uccisi in quel luogo da una tempesta di neve, e quindi raggiunge i prati sommitali dell’Antola, sovrastati dall’imponente croce posta sulla vetta nel 1907.
Comune in provincia di Genova situato a 769 m. slm in uno spartiacque comprendente le valli del fiume Trebbia, del torrente Scrivia e del lago artificiale del Brugneto.
Di probabile origine romana, da prima dell’anno Mille fu possesso dell’Abbazia di san Colombano di Bobbio, quindi feudo dei Malaspina e dal XIII secolo sottoposto ai conti Fieschi di Lavagna, per passare alla famiglia Doria dopo la celebre Congiura dei Fieschi del 1547 e fino all’abolizione dei feudi Imperiali da parte di Napoleone Buonaparte. Sopra l’abitato rimangono i resti del castello eretto attorno all’anno Mille, di proprietà dei Malaspina, dei Fieschi e quindi dei Doria, assalito ed in parte distrutto nel 1799 dagli abitanti di Torriglia. Il maniero fu utilizzato durante la seconda guerra mondiale come rifugio e punto di osservazione dalle bande partigiane nella lotta della Resistenza. Dal 2009 è nuovamente accessibile e aperto al pubblico. Caratteristico risulta il presepe ambientato nell’intero paese di Pentema, una frazione di Torriglia, che attraverso un’attenta ricostruzione di ambientazioni e antichi mestieri ripropone scene di vita quotidiana di fine ‘800. Il lago del Brugneto, nei pressi del paese, è un bacino artificiale creato nel 1959 sommergendo due piccole frazioni. Lungo ben 3 km, rappresenta la principale riserva idrica della città di Genova. Da segnalare la produzione della patata bianca di Torriglia e della patata quarantina, mentre meritano un assaggio i rinomati Canestrelletti di Torriglia (marchio registrato) a forma di piccola margherita. Solo il canestrelletto vale già il viaggio fino a questa località, la ricetta è semplice e gli ingredienti scelti contribuiscono al risultato finale, sono i piccoli segreti nella cura dell’impasto, nella successione degli ingredienti e nelle lavorazioni successive a fare la differenza. E per togliersi ogni dubbio circa la bontà, basta assaggiarlo! |
TORRIGLIA
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PORTOFINO
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Portofino, un centro turistico conosciuto in tutto il mondo, l’antico “Portus Delphini” ricordato da Plinio, ha origini molto remote, legate alla sua ubicazione che lo rendeva un sicuro approdo per le navi. La sua posizione e la natura incantevole attrassero non solo l’attenzione di Plinio, che le descrisse nell’itinerario ligure, ma anche quella dei cartografi e dei geografi dell’antichità quali Pomponio Mela e l’Anonimo Ravennate. L’Itinerarium Maritimum, un portolano del III secolo D.C., considerato il più antico documento di questo genere, fa menzione di “Portus Delphini”. Con la romanizzazione della Liguria, Portofino divenne colonia romana per poi passare sotto la giurisdizione degli imperatori del Sacro Romano Impero nell’Alto Medioevo.
Nel secolo X divenne proprietà dell’abbazia di San Fruttuoso, sottraendosene poi nel 1175, quando i diritti sul borgo vennero acquistati dai consoli di Rapallo per 70 lire genovesi. Dal cronista pisano Bernardo Marangone che nel 1072 i suoi concittadini, armate diverse galere, andarono all’assalto del borgo, rimediando una dura sconfitta. |
Nel 1425 il paese fu in possesso di Tommaso Campofregoso, ma il dominio di questa famiglia non si protrasse però a lungo: già nel 1430 i genovesi, alla guida di Francesco Spinola, si impossessarono di Portofino e vi rimasero per quindici anni; nel 1445 infatti, Giovanni Antonio Fieschi, in aperta ostilità con la Repubblica di Genova, occupò Portofino e vi esercitò il suo potere.
Questa occupazione doveva avere carattere dimostrativo perché il Fieschi, in breve tempo e volontariamente, restituì il paese a Genova.
Nel 1459 un altro Fregoso, Pietro, riprese il borgo alla Repubblica. Ma anche stavolta il dominio fu di breve durata. Nel 1513 gli Adorno e i Fieschi, appoggiati militarmente dal duca di Milano Francesco Sforza e da truppe svizzere, occuparono il borgo. La Repubblica riuscì tuttavia, con un’azione affidata a 4000 fanti, fra mercenari e genovesi, a rientrare in possesso del paese, sconfiggendo anche i valorosi uomini di Andrea Doria che l’ammiraglio aveva sbarcato dalle sue galere in aiuto di Filippino Fieschi, comandante della fortezza portofinese. Andrea Doria non dimenticò però la sconfitta, e nel 1527, tornò nelle acque del Tigullio dove dopo una lunga battaglia contro le milizie dogali, riuscì ad impadronirsi del paese. Nel 1554, affidandosi alla direzione del milanese Gian Maria Olgiato, la Repubblica di Genova fece rimodernare il sistema difensivo di Portofino, ed in particolare la fortezza di San Giorgio.
La storia successiva di Portofino si identifica con quella di Genova. Nel 1814 il piccolo borgo di pescatori fece da sfondo ad un duro scontro fra inglesi e truppe napoleoniche, scacciate, queste ultime, dal castello nel quale si erano asserragliate. Le uniche conquiste che il più famoso borgo del Tigullio dovette subire, furono quelle da parte del movimento turistico internazionale che con il costante favore accordato a Portofino gli hanno fatto guadagnare l’appellativo di “Perla del mondo”.
Questa occupazione doveva avere carattere dimostrativo perché il Fieschi, in breve tempo e volontariamente, restituì il paese a Genova.
Nel 1459 un altro Fregoso, Pietro, riprese il borgo alla Repubblica. Ma anche stavolta il dominio fu di breve durata. Nel 1513 gli Adorno e i Fieschi, appoggiati militarmente dal duca di Milano Francesco Sforza e da truppe svizzere, occuparono il borgo. La Repubblica riuscì tuttavia, con un’azione affidata a 4000 fanti, fra mercenari e genovesi, a rientrare in possesso del paese, sconfiggendo anche i valorosi uomini di Andrea Doria che l’ammiraglio aveva sbarcato dalle sue galere in aiuto di Filippino Fieschi, comandante della fortezza portofinese. Andrea Doria non dimenticò però la sconfitta, e nel 1527, tornò nelle acque del Tigullio dove dopo una lunga battaglia contro le milizie dogali, riuscì ad impadronirsi del paese. Nel 1554, affidandosi alla direzione del milanese Gian Maria Olgiato, la Repubblica di Genova fece rimodernare il sistema difensivo di Portofino, ed in particolare la fortezza di San Giorgio.
La storia successiva di Portofino si identifica con quella di Genova. Nel 1814 il piccolo borgo di pescatori fece da sfondo ad un duro scontro fra inglesi e truppe napoleoniche, scacciate, queste ultime, dal castello nel quale si erano asserragliate. Le uniche conquiste che il più famoso borgo del Tigullio dovette subire, furono quelle da parte del movimento turistico internazionale che con il costante favore accordato a Portofino gli hanno fatto guadagnare l’appellativo di “Perla del mondo”.